Il Fondo monetario internazionale alza le stime per l’Italia nel 2022 ma taglia quelle per il 2023. Il Pil è atteso in crescita quest’anno del 3,0% (lo 0,7% in più rispetto al +2,3% previsto in aprile). Nel 2023 si prevede un rallentamento della crescita: +0,7%, un punto percentuale in meno rispetto alle previsioni precedenti. L’accelerazione italiana nel 2022 è legata al miglioramento del turismo e dell’attività industriale. L’Italia è l’unico paese del G7 per il quale vengono riviste al rialzo le stime 2022, anno in cui è attesa crescere più di Germania e Francia.
Per quanto riguarda l’economia globale, invece, nel 2022 dovrebbe rallentare al 3,2% dal 6,1% dello scorso anno (lo 0,4% in meno delle proiezioni di aprile), mentre la crescita attesa per il 2023 si dovrebbe fermare al 2,9%, lo 0,7% in meno di 3 mesi fa. Nell’aggiornamento al World Economic Outlook (Weo) pubblicato oggi, gli esperti del Fmi sostengono che “… una timida ripresa nel 2021è stata seguita da sviluppi sempre più cupi nel 2022, quando i rischi hanno iniziato a materializzarsi. La produzione mondiale si è contratta nel secondo trimestre di quest’anno, a causa delle flessioni in Cina e Russia, mentre la spesa per consumi negli Stati Uniti ha deluso le aspettative. Diversi shock hanno colpito un’economia mondiale già indebolita dalla pandemia: inflazione mondiale superiore alle attese – soprattutto negli Stati Uniti e nelle principali economie europee – che ha innescato condizioni finanziarie più restrittive; un rallentamento peggiore del previsto in Cina, che riflette focolai e blocchi di COVID-19; e ulteriori ricadute negative dalla guerra in Ucraina”.
Per quanto riguarda l’Italia, sempre secondo il Fmi, l’aumento dell’incertezza politica costituisce un momento importante per il Paese perché ci sono numerose riforme e programmi nell’ambito del piano europeo. «Ci auguriamo che le riforme siano fatte, sarebbero utili per l’Italia. Qualsiasi sarà il governo al potere ci auguriamo che le sostenga» dichiara il capo economista del Fmi, Pierre-Olivier Gourinchas. “Con l’aumento dei prezzi che si fa sentire sugli standard di vita, ridurre l’inflazione deve essere la priorità. Una stretta della politica monetaria avrà inevitabilmente costi economici reali ma ritardare” un’azione avrebbe come conseguenza solo quella di “esacerbarli”. Questa la tesi del Fmi, che prevede un’inflazione al 6,6% quest’anno nelle economie avanzate e al 9,5% in quelle emergenti e in via di sviluppo. Le stime sui prezzi sono state riviste al rialzo – rispettivamente di 0,9 e 0,8 punti percentuali – e il Fondo prevede che i prezzi resteranno elevati più a lungo di quanto inizialmente previsto.