La storia lavorativa della famiglia di artigiani ha origini negli anni ’60 con l’impiantistica industriale, ma l’attività ultima nata sta regalando grandi soddisfazioni. Il birrificio Campagnolo è in parte frutto anche dell’esperienza maturata negli anni montando e manutenendo impianti – con la Zenit snc – che hanno servito e stanno servendo piccole e grandi industrie del territorio, ma soprattutto dalla passione per la qualità e in seguito dalla voglia di coniugare eccellenze del territorio.
Accanto al birrificio, oggi sorge infatti un beer garden – aperto con coraggio in piena pandemia – che serve proprio la zona industriale e che risulta molto conosciuto dai turisti, attratti dalla combinazione delle offerte: birra artigianale in abbinamento con i migliori prodotti regionali.
«Devo dire la verità, quando abbiamo deciso di aprire anche questa attività, l’esperienza sugli impianti ci ha aiutato molto, il resto lo dobbiamo alla nostra volontà e all’aiuto di esperti che ci hanno ben consigliato nella scelta di prodotti e abbinamenti» spiega Michele Campagnolo, uno dei due fratelli che guida l’impresa di famiglia.
Artigiani da generazioni, oggi i Campagnolo gestiscono una squadra fatta di una decina di persone, compresi i dipendenti. Correva l’anno 2006 quando, complice un viaggio in Danimarca e durante la visita ad un celebre birrificio, i Campagnolo decidono che era arrivato il momento di… diversificare.
«Ci siamo innamorati di questa bevanda e del suo e del processo di lavorazione, abbiamo deciso di “improvvisarci” birrai, mettendoci una passione che dura ancora oggi dal 2007, anno di inizio produzione. In 9 mesi – raccontano i Campagnolo – abbiamo messo su la nuova attività nel Centro piccola impresa di Muggia. Poi, di recente, l’abbiamo allargata con la vendita al pubblico e i prodotti tipici regionali. La formula è quella della semplicità e del sentirsi in famiglia».
Il birrificio Campagnolo si serve di malti tedeschi e inglesi, ma il radicamento sul territorio si nota anche dall’utilizzo di aromatizzazioni con prodotti regionali (ci sono birre al gusto di mosto).
Nel processo produttivo non si utilizzano filtraggi e pastorizzazioni, servendosi di materie prime di qualità, con maturazioni lunghe, fermentazione in bottiglia e affinamento a temperatura controllata. Il metodo di vendita non comprende la birra spillata, disponibile solo nel beer garden annesso agli impianti di produzione. Ma oggi si pensa di puntare maggiormente sulla vendita diretta.
Attualmente il modello di commercializzazione prevede che le bottiglie di birra – circa 15mila ogni anno – vengono vendute sostanzialmente in Friuli Venezia Giulia anche perché, rispettando i tempi della maturazione e della fermentazione (circa tre mesi per un ciclo), la produzione non può essere forzata.
Nel corso degli anni non sono mancate le sperimentazioni, come la rifermentazione in botti di rovere da 30 anni, con maturazione di un anno e mezzo, dedicata ad uno specifico prodotto. Oppure l’affinamento di prodotti già testati come metodo: è il caso della birra ambrata doppio malto con l’aggiunta in cottura del mosto d’uva. Una IGA (Italian Grape Ale), novità che sta prendendo piede rapidamente, non solo in Italia ma anche all’estero. Il tutto, naturalmente, affidandosi al territorio: nella fattispecie l’uva di Refosco dal peduncolo rosso, vitigno autoctono di un’azienda agricola di Cormons. Un processo affascinante con l’uva viene che viene raccolta, spremuta e poi cotta insieme all’orzo, senza darle il tempo di fermentare con i propri lieviti, bensì direttamente con quelli della birra.
Della promozione, in famiglia come il resto, si occupa la figlia di Michele, Martina, un’archeologa con la passione per il marketing, tanto per non smentire la poliedricità dei Campagnolo.